a cura dell’Avv. Renato Ragozzino
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Spesso per il datore di lavoro l’indicazione delle mansioni a cui sarà adibito il lavoratore neo assunto crea qualche perplessità. Si teme che una descrizione troppo generica non soddisfi l’esigenza di specificare ciò che – in concreto – il lavoratore dovrà fare e, viceversa, una descrizione troppo specifica limiti l’ambito di utilizzo della risorsa.
Premesso che la mansione è il compito esplicato nell’adempimento di una prestazione di lavoro dal lavoratore; affinché un contratto di lavoro non sia considerato nullo per indeterminatezza dell’oggetto (artt. 1346 e 1418, co. 2, c.c.) occorre che le parti pattuiscano le mansioni per le quali il lavoratore è stato assunto.
Ai CCNL di categoria è affidata la disciplina di qualifica e delle mansioni corrispondenti, contenute in elenchi di compiti che il datore può richiedere per un dato profilo professionale (cd. mansionario), che viene associato ad un livello di inquadramento.
L’impresa (nella persona del suo legale rappresentante) a sua volta può dotarsi di un mansionario interno con l’elenco dei compiti, servizi e scadenze temporali che devono essere rispettate dai singoli dipendenti e/o per profili professionali.
È vero quindi che il prestatore di lavoro può essere adibito alle mansioni per cui è stato assunto ma anche alle mansioni corrispondenti alla categoria o al livello superiore che abbia successivamente acquisito oppure a mansioni equivalenti a quelle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione (cd. ius variandi).
Da ciò deriva che:
- Il datore di lavoro è tenuto a indicare, nel contratto individuale di lavoro sottoscritto dal dipendente all’atto dell’assunzione, le mansioni (cioè le attività specifiche) che esso svolgerà nell’azienda;
- se le mansioni non sono indicate correttamente nel contratto o se nella realtà il lavoratore svolge mansioni diverse, l’azienda corre seri rischi, soprattutto in caso di mancato superamento della prova di prova o di licenziamento;
- in ragione del livello retributivo assegnato al lavoratore le mansioni devono essere conformi al “mansionario” indicato nel CCNL adottato: es CCNL Commercio; impiegato II LIV. Mansione da CCNL: addetto al customer service. Mansioni specifiche: Gestire le comunicazioni in arrivo dai clienti attraverso vari canali aziendali (email, telefono, Slack, ecc.), rispondendo direttamente alle richieste generiche e indirizzando quelle che richiedono approfondimenti alla funzione competente. Assicurarsi che ogni cliente riceva una risposta entro 12 ore e sollecitarla se necessario ecc.;
- alcuni CCNL non definiscono in maniera dettagliata tutti i compiti previsti per una specifica mansione; in questi casi è meglio elencare in modo dettagliato le mansioni assegnate al lavoratore;
- ciascun CCNL contiene, con riferimento ai vari livelli retributivi l’elenco delle mansioni corrispondenti: ovviamente le stesse vanno assegnate a ciascun lavoratore in ragione del livello salariale attribuitogli;
- Il mansionario di ciascun lavoratore dev’essere contenuto nel contratto individuale di lavoro e sottoscritto dal datore di lavoro e dal lavoratore.
Si consideri, inoltre che:
- Se il lavoratore svolge mansioni diverse ma equivalenti a quelle per cui è stato assunto, non dovrà essere modificato il contratto di lavoro individuale, ma solo comunicate – per iscritto – le nuove mansioni da parte del datore di lavoro; non è necessario il consenso del lavoratore e la retribuzione resta invariata
- Se il lavoratore svolge mansioni superiori a quelle per cui è stato assunto (in maniera non occasionale) si dovrà modificare il contratto e adeguare il livello di inquadramento e il relativo stipendio
- E’ vietato, di norma, adibire il lavoratore a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto (demansionamento), in ogni caso lo stipendio resterà invariato. Per motivi sanitari il lavoratore può essere tuttavia temporaneamente assegnato a mansioni inferiori per essere allontanato da esposizioni nocive (art. 8 d.lgs. 15 agosto 1991 n. 277). In caso di tale assegnazione, che deve riguardare mansioni equivalenti o anche inferiori, il datore di lavoro deve dare attuazione alla prescrizioni del medico competente ed al lavoratore viene comunque garantito il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza
Peraltro, va precisato che la normativa ha subìto decisive mutazioni a seguito del recente corso normativo.
NORMATIVA DELLE MANSIONI, DOPO LE MODIFICHE INTRODOTTE DAL JOBS ACT NEL 2015, E POI DAL DECRETO LEGISLATIVO 27 GIUGNO 2022, N. 104 (#)
La disciplina normativa delle mansioni, dopo le modifiche introdotte dal Jobs Act nel 2015, e poi dal recente Decreto Legislativo 27 giugno 2022, n. 104 (cd. decreto trasparenza) continua a rappresentare uno dei temi più controversi in materia di diritto del lavoro, ciò specialmente nel caso in cui il datore di lavoro intenda procedere alla loro modifica delle mansioni originariamente attribuite al lavoratore.
In termini estremamente concisi, occorre precisare che le mansioni concretamente svolte da parte del dipendente hanno decisiva rilevanza nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato perché, oltre a definire i compiti che di fatto vengono richiesti al dipendente, concorrono ad individuare il trattamento economico -retributivo che gli spetta.
Come precisato dalla giurisprudenza (Cass. ordinanza 8 febbraio 2021, n. 2972), infatti, occorre far riferimento ad un triplice accertamento per stabilire il reale livello giuridico – retributivo che va attribuito al lavoratore, consistente nel:
- accertamento in fatto delle attività lavorative concretamente svolte (ossia le mansioni disimpegnate quotidianamente);
- individuazione delle qualifiche e dei livelli previsti dal contratto collettivo di categoria (eventualmente integrato da quello aziendale);
- confronto tra il risultato della prima indagine di fatto e i testi delle norme contrattuali pertinenti,
La legge (art. 4, co. 1, lettera a) D. Lgs. n. 104/2022), in particolare, prevede che il datore di lavoro sia tenuto a comunicare al lavoratore, le informazioni relative all’inquadramento, al livello e alla qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro, inoltre, nel rapporto di lavoro a tempo determinato, il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego (arti 7, co. 2, D. Lgs n. 104/2022).
Di grande rilevanza sono le modifiche apportate all’articolo 2103 cod. civ. che, con decorrenza 25 giugno 2015 prevede che: ”Il lavoratore deve essere adibito alle mansioni: a) per le quali è stato assunto; o b) a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito; ovvero c) a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte”.
In pratica, in base alla nuova disciplina, il datore di lavoro può assegnare mansioni differenti al dipendente nel caso in cui – da parte del contratto collettivo applicato – queste siano state inserite nel medesimo livello (per esempio, il quarto) e categoria legale (per esempio, nella categoria degli “impiegati”). Si tratta, quindi, di una notevole semplificazione del possibile esercizio del cd. jus variandi che è normalmente attribuito al datore di lavoro e di un elemento che riduce notevolmente il possibile contenzioso.
SOSTITUZIONE DI UN COLLEGA ASSENTE
Anche a tale proposito, le norme contenute nel Job Act hanno modificato la situazione, innovando il testo dell’art. 2103 c.c., che ora prevede: “nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo 6 mesi continuativi”
POSSIBILITÀ DI ADIBIRE IL LAVORATORE A MANSIONI INFERIORI IN CASO DI MODIFICA DEGLI ASSETTI ORGANIZZATIVI AZIENDALI
L’art. 2103 co II c.c., dispone che, in caso di avvenuta modifica degli assetti organizzativi aziendali che incida sulla posizione del lavoratore, questo può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale.
A tale riguardo va precisato che la modifica degli assetti organizzativi aziendali, può essere decisa autonomamente dal datore di lavoro (salvo che non sia stato coinvolto il sindacato in virtù di accordi più ampi o per il “peso” delle RSA/RSU in azienda) in base ai poteri attribuitigli dall’art. 41 Cost.; tuttavia tale modifica deve effettivamente essere coinvolto nelle modifiche organizzative operate dal datore di lavoro e non può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore (ma solo a quelli rientranti nella medesima categoria legale): in pratica, se si tratta di un impiegato deve rimanere inquadrato all’interno di tale categoria.
Inoltre:
- il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità; e
- il lavoratore ha diritto a conservare il livello di inquadramento e il trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa.
Quindi, in pratica, la retribuzione non viene ridotta (non può mai esserlo), salvo che si tratti appunto di “elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa”, quali, per esempio, l’indennità di cassa, che può essere eliminata nel caso in cui le nuove mansioni assegnate non comportino più il rischio patrimoniale a carico del lavoratore
In aggiunta all’ipotesi di cui sopra, l’art. 2103 IV co. c.c. dispone che ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi (nazionali, territoriali o aziendali).
A margine di quanto fin qui riferito, va ricordato che l’art. 2103 co.VI c.c. individua un’altra e più drastica possibilità di mutare le mansioni al lavoratore, purchè ciò avvenga attraverso la stipulazione di accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore al/alla:
- conservazione dell’occupazione
- acquisizione di una diversa professionalità;
- miglioramento delle condizioni di vita.
Si tratta di ipotesi relative ad un campo di applicazione alquanto limitato, implicanti una complessa procedura, nella quale le parti, sono assistite dalle reciproche associazioni sindacali e dai legali.
A completamento di questa breve ricognizione della materia, pare opportuno ricordare di seguito alcune fattispecie particolari in relazione alle quali è prevista una peculiare regolamentazione delle mansioni, riassunte nella tabella che segue:
Inidoneità alla mansione specifica (art. 42, co. 1, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81) |
ll datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all’articolo 41, co. 6, attua le misure indicate dal medico competente e, qualora le stesse prevedano un’inidoneità alla mansione specifica, adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. |
Whistleblower (art. 6, co. 2-quater, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231); art. 17, co. 4, lettera c), D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24) |
È nullo il mutamento di mansioni ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti di colui che segnala illeciti. È onere del datore, in caso di controversie legate a demansionamenti o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, dopo la presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa. Costituisce ritorsione il mutamento di funzioni. |
Molestie e molestie sessuali (art. 26, co. 3-bis, D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198) |
La lavoratrice o il lavoratore che agisce in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale poste in essere in violazione dei divieti di cui al presente capo non può essere demansionato. È nullo il mutamento di mansioni ai sensi dell’art. 2103 cod. civ., nei confronti del denunciante. Tali tutele non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia. |
Licenziamento collettivo (art. 4, co. 11, legge 23 luglio 1991, n. 223) |
Gli accordi sindacali stipulati nel corso delle procedure di cui al presente articolo, che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, possono stabilire, anche in deroga al secondo comma dell’art. 2103 cod. civ., la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte. |
Lavoratori disabili (art. 4, co. 4, e art. 10, co. 3, legge 12 marzo 1999, n. 68) |
Per i lavoratori che divengono inabili allo svolgimento delle proprie mansioni in conseguenza di infortunio o malattia, l’infortunio o la malattia non costituiscono giustificato motivo di licenziamento ove essi possano essere adibiti a mansioni equivalenti o, in mancanza, inferiori. Nel caso di destinazione a mansioni inferiori, essi hanno diritto a conservare il più favorevole trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza. Qualora non sia possibile l’assegnazione a mansioni equivalenti o inferiori, gli stessi vengono avviati, dagli uffici competenti di cui all’art. 6, co. 1, presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza inserimento nella graduatoria di cui all’art. 8. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che sia accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il suo stato di salute. Nelle stesse ipotesi, il datore può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare a essere utilizzato in azienda. Ove si riscontri una condizione di aggravamento che sia incompatibile con la prosecuzione dell’attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell’organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l’incompatibilità persista. Il rapporto può essere risolto se, anche attuando i possibili adattamenti dell’organizzazione del lavoro, la commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile in azienda. |
Gravidanza (art. 7, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151) |
È vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al sollevamento di pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi e insalubri. La lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto. La lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del Lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. Si applicano le disposizioni di cui all’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300, qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni equivalenti o superiori. |
LICENZIAMETO E MANSIONI
Mancato superamento del periodo di prova
Il lavoratore può contestare il mancato superamento della prova (e far dichiarare il licenziamento illegittimo):
- se nel contratto individuale non sono state indicate le mansioni
- se le mansioni indicate sono diverse svolte durante il periodo di prova o se sono conformi solo in minima parte
- se sono indicate le mansioni, ma il periodo di tempo troppo breve per valutare se le mansioni sono state svolte correttamente (il periodo di prova è indicato nel CCNL e dev’essere riportato nel contratto individuale sottoscritto dal lavoratore; non può essere né allungato né ridotto.)
Licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Se si licenzia il lavoratore perché non si ha più bisogno di quella mansione specifica (licenziamento per G.M.O.):
- prima di procedere al licenziamento devi verificare la possibilità di reimpiegare il dipendente in un’altra funzione di pari livello o anche di livello inferiore e proporlo al lavoratore (c.d. repechage)
- nel caso di più lavoratori addetti a quella mansione dovrai adottare criteri oggettivi nella scelta della risorsa da licenziare (es: anzianità lavorativa)
- nel caso in cui il lavoratore faccia causa, dovrai provare che la posizione eliminata non è più necessaria o è stata esternalizzata
Licenziamento per giustificato motivo soggettivo
Se si licenzia il lavoratore per scarso rendimento, si dovrà provare che il lavoratore:
- aveva tutti gli strumenti utili al raggiungimento degli obiettivi
- ha avuto una performance che si discosta notevolmente dalla media degli altri dipendenti
- ha avuto un rendimento scarso protratto nel tempo
(Attenzione! È praticamente impossibile dimostrare licenziare un lavoratore per scarso rendimento)
Licenziamento per giusta causa (disciplinare)
Se non sono state pattuite le mansioni non potrai licenziare il lavoratore che si rifiuta di svolgerle.
Nelle aziende che contano più di 15 dipendenti, vige la disciplina dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970, n. 300 e del D.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 secondo cui:
«il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto […] ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte. In caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore, lo stesso può essere assegnato a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore purché rientranti nella medesima categoria legale.[..]. Nelle ipotesi di cui al secondo e al quarto comma, il mutamento di mansioni è comunicato per iscritto, a pena di nullità, e il lavoratore ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa. Nelle sedi di cui all’articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro.»
Avv. Renato Ragozzino
Legal Team Unione Artigini