Con la possibilità di ampliare facilmente il numero delle rate con le quali sarà possibile sanare i debiti col fisco, sarà però più difficile ottenere dal giudice tributario la sospensiva del pagamento delle somme pretese dall’erario. È una conseguenza del nuovo provvedimento che rischia di colpire più duramente i contribuenti che ritengono di poter provare gli errori dello Stato che in questo modo dovranno sostenere un calo della liquidità, i costi della difesa e il blocco di eventuali rimborsi e compensazioni fiscali.
Impugnando l’atto impositivo davanti al giudice il contribuente deve provare:
- il fumus boni iuris, letteralmente «parvenza di buon diritto», cioè la possibilità che le ragioni addotte dal ricorrente contro l’atto impugnato siano fondate;
- il periculum in mora, cioè il pericolo che dal pagamento possano derivare fatti gravi e irreparabili al contribuente.
Con il ricorso o con istanza ad hoc è possibile richiedere al giudice tributario la sospensione del pagamento di tali importi ma ora, potendo essere facilmente dilazionati in un lungo periodo, diventa ulteriormente complesso provare il danno grave e irreparabile (l’incremento e la facilità delle rate riduce infatti le difficoltà di pagamento)