Il 67% degli lavoratori impegnati nei lavori manifatturieri nelle imprese del milanese e della Brianza dichiara che la propria azienda non promuove programmi di salute sul lavoro, nonostante la crescente consapevolezza sul tema.
In particolari, i collaboratori sottoposti a condizioni di lavoro più logoranti (in termini di fatica fisica e mentale, organizzazione del lavoro, conciliazione con la vita privata, condizioni di lavoro) sono a rischio maggiore di malattie come il diabete o patologie cardiovascolari, soprattutto in presenza di comportamenti alimentari poco salutari e scarsa attività fisica. Un legame più sottile ma significativo è anche quello tra stress e tumori: se il livello di stress è elevato, è probabile che i comportamenti dannosi (come il fumo o l’alimentazione disordinata) aumentino, incrementando il rischio di sviluppare tumori, in particolare quelli correlati al fumo, come il cancro ai polmoni.
Sono i dati che emergono dall’indagine voluta da Lega Italiana per la Lotta ai Tumori insieme a Fondazione Bignaschi e in collaborazione con l’Agenzia di Tutela della Salute della Brianza (ATS Monza.Lecco) e presentati a Villa Longoni di Desio, con la partecipazione di enti del terzo settore (oltre a LILT Milano Monza Brianza, CGIL di Monza e Brianza, CS&L Consorzio Sociale e Spazio Giovani), che hanno illustrato i progetti messi in campo per promuovere la salute dei lavoratori, e commentati delle associazioni di categoria, tra queste Unione Artigiani Milano Monza Brianza.
“La ricerca conferma quanto emerso nella letteratura internazionale – sottolinea il professore David Benassi, professore ordinario all’Università degli Studi Milano Bicocca e da David Consolazio, ricercatore all’Università degli Studi di Milano –: i lavoratori impiegati in mansioni logoranti presentano condizioni di salute peggiori rispetto ad altri segmenti dell’occupazione. Lo stress correlato alla condizione lavorativa ha una serie di effetti diretti e indiretti sulla salute, favorendo l’adozione di comportamenti e stili di vita meno salubri: fumo di tabacco, difficoltà a seguire abitudini alimentari salutari, impossibilità a svolgere attività fisica e difficoltà di bilanciamento tra lavoro e vita privata. Un risultato originale della ricerca è che anche all’interno di questo segmento dell’occupazione si manifesta un gradiente sociale di salute: chi ha condizioni lavorative migliori gode anche di una salute migliore. Ciò evidenzia l’importanza del ruolo delle aziende nel promuovere il benessere dei dipendenti.”
Tra le imprese, emerge una carenza di consapevolezza riguardo al benessere dei dipendenti, soprattutto nelle piccole aziende, dove gli imprenditori, troppo coinvolti nelle operazioni quotidiane, tendono a sottovalutare questi aspetti. Tuttavia, le aziende che adottano programmi di benessere ottengono benefici in termini di produttività e riduzione dell’assenteismo. Si propone anche di coinvolgere i delegati sindacali, in particolare nelle piccole imprese, per rafforzare la promozione della salute dei lavoratori.
“Da tempo LILT è attiva nel welfare e collabora con ATS Brianza per promuovere la salute nei luoghi di lavoro, dove trascorriamo buona parte della giornata – commenta Marco Alloisio, Presidente LILT Milano Monza Brianza -. Questa indagine rappresenta un passo importante per registrare la percezione dei lavoratori più a rischio e per sensibilizzare le aziende sull’impatto dello stress sul benessere psico-fisico. E così possiamo sviluppare interventi ancora più mirati per prevenire molte patologie oncologiche e croniche”.
“Questo studio sulla salute dei lavoratori impiegati in occupazioni logoranti nel nostro territorio fornisce un’importante fotografia molto utile per attuare azioni efficaci che puntano al benessere dei lavoratori – evidenzia il Direttore Generale di ATS Brianza Michele Brait -. La nostra Agenzia crede fortemente nel programma WHP Workplace Health Promotion che portiamo avanti con determinazione e che, anche grazie alla preziosa collaborazione con LILT, sta coinvolgendo sempre più aziende e lavoratori”.
UNIONE ARTIGIANI: “LA CHIAVE È NEL DIALOGO CON OGNI SINGOLO IMPRENDITORE E TROVARE SOLUZIONI PERSONALIZZATE E DI FACILE ATTUAZIONE”
Maurizio Deiana, responsabile settore sicurezza e salute nei luoghi di lavoro di Unione Artigiani Milano Monza Brianza ha commentato così i dati della ricerca: “La sfida del futuro è sicuramente riuscire ad attivare soluzioni personalizzate per ogni settore di impresa dell’artigianato, tenendo conto delle dimensioni e delle esigenze delle nostre micro e piccole ditte. Per farlo servono sforzi importante ma le associazioni di categoria non possono tirarsi indietro. È indispensabile avere la capacità, da parte nostra, di tenere aperto il dialogo con i titolari su questo tema e renderli consapevoli delle problematiche anche perché questo aspetto riguarda gli artigiani stessi. Gli esiti della ricerca ci spingono a valutare l’attivazione un sportello sul benessere dei lavoratori artigiani in grado di individuare in rete con ATS, il Terzo settore, il medico competente iniziative concrete, facili, efficaci per tutti gli interessati. Per fare bene gli artigiani occorre essere in piene condizioni fisiche: la buona salute pertanto è un dovere e un affare per tutti.”
L’INDAGINE IN SINTESI
Il campione – è composto per il 79% da donne e per il 21% da uomini, con un’età media compresa tra i 50 e i 55 anni e un titolo di studio prevalente di diploma superiore (53%). La maggior parte dei partecipanti lavora come manovale (32.6%), seguita da impiegati nel settore delle vendite (21.1%), ristorazione (19.9%), pulizie (14.4%) e sanità (11%). Il 17% del campione lavora su turni notturni e oltre il 79% svolge straordinari. Il 70% dei partecipanti ha oltre 10 anni di esperienza lavorativa.
Qualità del lavoro – Gli indicatori relativi alla qualità del lavoro sono stati analizzati attraverso cinque dimensioni: security (sicurezza, intesa come stabilità del lavoro e tutele contro la perdita del posto di lavoro), control (controllo, riferito al grado di autonomia che il lavoratore ha sul proprio lavoro e sulle possibilità di assumere decisioni sulle modalità di svolgimento delle mansioni) demand (carico di lavoro, ovvero le richieste mentali e fisiche che prevede il lavoro) reward (ricompensa, ovvero il riconoscimento e i benefici economici, sociali o emotivi ottenuti dal lavoro) ed effort (sforzo, ovvero il livello di impegno richiesto dal proprio lavoro).
Il 43% del campione si ritiene poco soddisfatto del proprio lavoro, con solo il 2% molto soddisfatto. La soddisfazione media per le condizioni economiche è di 2.1 su 4, dove 1 è per niente e 4 è molto. Questi dati suggeriscono una bassa soddisfazione generale, sia per le condizioni economiche che per la qualità del lavoro. L’unica voce che ottiene un punteggio più alto è quella della sicurezza, intesa come percezione della stabilità dell’occupazione. Il punteggio superiore di questa voce potrebbe trovare una risposta nell’esistenza di contratti a tempo indeterminato o nella presenza di opportunità lavorative anche al di fuori della propria azienda.
Ambiente lavorativo – La conciliazione vita privata-lavoro è stata valutata su una scala da 1 a 4 (dove 1 corrisponde a per nulla e 4 a molto) con un punteggio medio di 2.6 per il sonno sufficiente e 2.4 per la cura di sé e della famiglia (visite mediche, prevenzione). L’ambiente lavorativo e lo stress sono strettamente connessi: il 67% dei lavoratori dichiara che la propria azienda non promuove programmi di salute sul lavoro (WHP), mentre solo il 23% dichiara di poter usufruirne. Di questi, il 45% segue i programmi, ma solo il 40% li considera parzialmente efficaci. Il 42% non partecipa ai programmi per mancanza di tempo, mentre l’11% non è interessato. Solo il 5% ritiene non siano utili.
Stress – Lo stress lavorativo è stato misurato su una scala da 1 a 4 (dove 1 corrisponde a mai e 4 a molto) e i risultati evidenziano diverse problematiche. In generale, lo stress legato dal lavoro si associa a un punteggio di 2.9. I fumatori (circa un terzo del campione) riportano un aumento del consumo di sigarette in seguito allo stress dovuto al lavoro (3.1).
L’alimentazione disordinata o abbondante dovuta allo stress ha un punteggio di 2.8, stessa cosa per l’umiliazione o frustrazione derivante dal lavoro. La difficoltà di sonno e la difficoltà di dedicarsi ad attività desiderate a causa dello stress totalizzano un punteggio rispettivamente di 2.7 e di 2.6, mentre il consumo di alcol è meno significativo, con un punteggio di 1.6 (ottenuto dalla media del punteggio di chi beve quotidianamente e di chi non lo fa con la stessa frequenza).
Salute – La soddisfazione per la salute percepita è di 3.1 su 5 (dove 1 è per niente e 5 molto) con il 48% dei lavoratori che si definisce neutrale. Insoddisfatto il 3% del campione e molto soddisfatto il 2%. Il 36% dei partecipanti non riesce a seguire una dieta salutare sul lavoro, spesso a causa dell’assenza del servizio mensa, mentre il 30% non riscontra difficoltà a mangiare in modo salutare.
La scansione dei tempi lavorativi influenza abbastanza le abitudini alimentari per il 41% dei partecipanti, mentre il 18% lo considera un fattore molto influente (per il 28 poco e per il 13 per nulla). Il consumo quotidiano di frutta e verdura riguarda il 70% dei partecipanti, mentre la maggior parte evita bevande zuccherate quotidianamente. Tuttavia, circa metà del campione consuma quotidianamente snack salati o dolci, un dato che potrebbe essere legato alla disponibilità di distributori automatici nelle aziende e che potrebbe essere risolto includendo prodotti salutari nei distributori. Quasi il 90% del campione non consuma alcol quotidianamente.
Per quanto riguarda lo sforzo fisico sul lavoro, è moderato per il 60% dei partecipanti. Fuori dal luogo di lavoro però il 44% delle persone non pratica attività fisica regolare. Solo il 7% fa sport in modo intenso. Tra i fumatori, circa il 30% fuma durante le pause e la maggior parte di chi ha smesso di fumare lo ha fatto solo per brevi periodi. Il 7% dei partecipanti fa uso di sostanze stupefacenti. Il 30% dei partecipanti non ha mai rinunciato a fare una visita medica a causa del lavoro, mentre il 17% ha rinviato per motivi di lunga attesa e un altro 18% per difficoltà economiche.
Dallo studio emerge che, ad eccezione della stabilità lavorativa, le altre dimensioni della qualità lavorativa analizzate – demand, control, effort, reward – sono associate a un aumento dello stress lavorativo percepito dai partecipanti. Questo dato è particolarmente rilevante, considerando che il confronto è stato condotto all’interno di un campione di lavoratori a bassa qualifica, senza includere paragoni con individui in posizioni più prestigiose e meglio retribuite. Le differenze tra uomini e donne riguardano principalmente l’intensità degli effetti osservati; tuttavia, la direzione delle relazioni rimane simile per entrambi i generi. Inoltre, lo stress derivante dalle condizioni lavorative risulta collegato alla salute percepita dai rispondenti. Questo evidenzia una catena di effetti: le caratteristiche del lavoro influiscono sullo stress psico-fisico, che a sua volta conduce a un peggioramento delle condizioni di salute.