Le due facce del Fisco – editoriale di Sandro Neri, direttore de “Il Giorno”
La ripresa autunnale svelerà i due volti del Fisco. Da un lato, entro settembre dovrà restituire ai contribuenti italiani quasi 20 miliardi di euro a titolo di rimborso Irpef, con il primato lombardo pari a circa 4,1 miliardi, seguito a distanza da Lazio ed Emilia Romagna a 1,9. In media i cittadini incasseranno 940 euro a testa, in gran parte derivanti da oneri deducibili come spese mediche, interessi sui mutui casa, polizze assicurative, ma soprattutto come bonus ristrutturazioni. La particolarità, oltre a quella di un Fisco che prima incassa e poi rimborsa cifre da capogiro, è che con il crescere del reddito questa “redistribuzione” subisce un boom. Se i due terzi dei creditori sono contribuenti che si attestano nella fascia reddituale tra i 12 e i 50mila euro, con una media di rimborso attorno agli 800 euro, le categorie che guadagnano maggiormente beneficiano in modo più forte dei consuntivi fiscali a favore. Coloro che superano i 60mila euro di reddito annuo riceveranno in media 2mila euro, mentre 16mila più facoltosi, che vanno oltre i 300mila euro di reddito, avranno rimborsi pari a una media di 15mila euro, secondo un calcolo dell’Unione Artigiani di Milano. Con evidenti ripercussioni su quei criteri di equità fiscale che nel nostro Paese vedono penalizzare le fasce medie.
Il rovescio della medaglia è poi quello che, a fronte di rimborsi a pioggia per i crediti fiscali, assisteremo a un ennesimo autunno di ingorgo fiscale. Nonostante le reiterate premesse di semplificazione, il calendario del Fisco in vista degli ultimi mesi dell’anno, appare fitto di scadenze, se consideriamo anche quelle relative ai tributi locali. Dopo la tregua agostana, il rientro dalle ferie sarà caratterizzato da tanti appuntamenti con imposte e tasse. Il 18 settembre ecco in arrivo la prima trasmissione del nuovo spesometro, seguita il 2 ottobre dalla fatidica scadenza per la presentazione del modello Redditi, l’ex Unico, per imprese e partite Iva. Sono solo due della miriade di scadenze previste prima del 31 dicembre, sufficienti ad attestare per ciascun contribuente un versamento medio annuo di 8mila euro al Fisco, che diventano 12mila se consideriamo i contributi previdenziali. Nel dedalo di imposte che di mese in mese versiamo all’Erario, sono però “solo” una decina quelle che pesano maggiormente sui nostri portafogli. In testa l’Irpef, che contribuisce per il 33% degli incassi totali del Fisco, seguito dall’Iva (22%), quindi imposta sull’energia elettrica (che troviamo in bolletta), addizionale comunale Irpef (che varia da Comune e Comune), addizionale regionale Irpef (che varia da Regione a Regione), imposta su lotto e lotterie (verrebbe da dire: vince chi non gioca…), imposta di bollo, Pra, imposta su tabacchi e tasse auto. Senza contare Ires e Irap, le nemiche delle aziende. Questa analisi impone una riflessione, oltre che sulla giustizia e sull’equità fiscale negata ai cittadini, soprattutto sull’urgenza di semplificazione. Non ha senso, per un Paese civile quale ambiamo essere, mantenere più di 100 tasse diverse, che portano al Fisco solo il 13% degli incassi annuali, ma vessano cittadini e imprese sottraendo loro importanti risorse organizzative, di tempo oltre che di denaro. Paghiamo troppe tasse: sia come importo, dato assodato per una pressione fiscale che quasi tutto il mondo non ci invidia, sia come numero di adempimenti. Una seria ed equa riforma fiscale dovrebbe essere il primo punto di qualsiasi velleità di futuro governo del Paese.