Nella fase di emergenza della pandemia, l’incidenza del lavoro da casa è salita al 18,5% (ad aprile 2020) interessando più di 4milioni di italiani (dati dell’ultimo rapporto ISTAT).
Nell’autunno incerto dell’anno del Covid, la scelta, concordata o forzata, della prosecuzione dello smart working mostra però ancora troppe falle al suo attivo, che rischiano di far perdere in benessere e in produttività sia le persone sia le realtà produttive.
Il Tavolo Tecnico ENPAP sulla sicurezza sul lavoro si sta occupando di questi aspetti.
Un’attenzione particolare è rivolta al lavoro agile svolto dalle donne, che da quanto emerge da una ricerca di Valore D sono messe ancor più a dura prova dei colleghi maschi: 1 donna su 3 lavora più di prima e non riesce, o fatica, a mantenere un equilibrio tra lavoro e vita domestica. Tra gli uomini che avvertono queste difficoltà, il rapporto è 1 su 5, stando ai dati della ricerca.
In attesa dei decreti e della direttiva europea sullo smart working, che dovrebbe essere emanata nel 2021, è necessario intervenire con azioni ad hoc, volte a introdurre in modo corretto due requisiti-chiave per un ‘buon lavoro agile’: da un lato la cultura di questa modalità di lavoro, dall’altro regole chiare che tutelino tutti gli attori coinvolti. Altrimenti, se queste due condizioni non si verificano, fanno notare gli Psicologi del Lavoro che partecipano al Tavolo Tecnico ENPAP sulla sicurezza sul lavoro, il rischio reale è quello che alla fine tutti ci perdano.
Gli strumenti della psicologia saranno la chiave di volta. La transizione che nel giro di pochi giorni ha portato 6-8 milioni di italiani a lavorare da remoto, nell’ultimo periodo, è stato un acting out necessario alla sopravvivenza del sistema lavorativo.
E’ necessaria anche un’attenzione alle esigenze specifiche di cui le persone che si approcciano allo smart working sono portatrici: in primis, la necessità di conciliare davvero le esigenze lavorative con quelle personali e familiari. Sono diverse le sfaccettature dello smart working, ma se si investe sulle misure da adottare e sull’adeguato presidio dei comportamenti e non solo dei risultati, allora sì che il lavoro agile può davvero diventare un’opportunità concreta. E non insostenibile sul piano psicofisico (anzi, tutt’altro), in particolare per le donne.
Quindi, cosa serve per far sì che questa non resti solo una ipotesi teorica?
Una riorganizzazione del lavoro, avendo ben chiaro che una messa in pratica dello smart working non spetta solo a chi nelle aziende si occupa di gestione delle Risorse Umane, come in molti pensano. È una attività che va condivisa, che va pensata, studiata, analizzata, e adattata a ogni singola realtà produttiva.
Un monitoraggio nazionale su questo tema, che coinvolga tutti gli stakeholder, potrebbe essere anche l’occasione per analizzare con più cognizione le altre difficoltà che potrebbero emergere in futuro, e trarne indicazioni ancora più mirate da mettere al servizio della ripresa economica del Paese.
C’è il rischio che per alcuni lavoratori lo stress lavoro correlato rimarrà pressoché invariato o addirittura aumenti: all’innegabile vantaggio di poter lavorare con meno vincoli di abbigliamento, orario e modalità operative farà da contraltare un impoverimento della qualità e della frequenza di feedback e dunque della soddisfazione per le iniziative di valore, che non verranno più immediatamente percepite dal datore di lavoro e dai colleghi. Anche le informazioni utili a indirizzare con precisione l’attività, fornite in modo non ufficiale da piccoli stimoli, cenni e frasi informali dai colleghi negli ambienti di lavoro tradizionali, non potrà più avvenire come prima nella comunicazione mediata da dispositivi ancora in gran parte basati sulla comunicazione scritta o che richiedono appuntamenti, accordi e predisposizione di software per le riunioni online. Per questo, bisognerà fare molta attenzione all’utilizzo dei feedback agli smartworker da parte dei responsabili aziendali, che saranno chiamati a una rivisitazione profonda del loro stile manageriale.
Un’altra delle problematiche che potrebbero sorgere riguarda proprio questo aspetto: il lavoro agile tende a far diminuire i riscontri, in generale, e questo fa scendere drasticamente la motivazione, con conseguente aumento dello stress.
Quali gli accorgimenti da adottare subito, per via che questi rischi siano contenuti? In primis, mettere tutti nelle condizioni di avere buoni strumenti tecnologici, un’ottima connessione e buone policy di sicurezza. E soprattutto mantenere molto elevato il ritmo del giving/receiving feedback, a garanzia di ridurre errori, aumentando la motivazione. Un altro accorgimento salutare da adottare assegnando compiti a distanza è evitare di prescrivere atteggiamenti espressi con frasi tipo ‘fai attenzione quando lavori’, o simili.
Sicuramente, le imprese che riusciranno a trarre profitto dallo smart working saranno quelle capaci di una completa rivisitazione delle abilità di gestione manageriale: purtroppo, in questo momento, il costo dell’improvvisazione o del mantenimento delle abitudini manageriali precedenti potrebbe essere molto salato.
Per maggiori informazioni ed assistenza: Sportello Sviluppo Impresa, 02.8375941.