Governo e Parlamento potrebbero portare da 20 a 25 gli anni di contribuzione minimi necessari per ottenere la pensione di vecchiaia.
Al momento non vi sono conferme sull’eventuale prossima adozione del provvedimento – che dovrà in ogni essere approvato in una Legge di Bilancio – e nemmeno informazioni sulle modalità attuative.
Ma che cosa deve fare un imprenditore, un autonomo o un lavoratore che si trova in una di queste condizioni:
a) ha superato i 20 anni di contribuzione ma teme di non riuscire a raggiungere quota 25 nei prossimi anni
b) ha raggiunto i 20 anni di contribuzione ma ha smesso di lavorare
c) non ha ancora raggiunto i 20 anni di contribuzione
Secondo il nostro Patronato sarebbe opportuno – entro il 31 dicembre, o comunque fin da ora e prima dell’eventuale approvazione del provvedimento – verificare con un estratto conto contributivo ufficiale eventuali “buchi” nei versamenti. È possibile farlo da soli accedendo con SPID al portale INPS, altrimenti chiedendo il supporto del Patronato di fiducia o col supporto di un’esperto di previdenza.
Se al momento i versamenti effettuati sono prossimi ai 20 anni o comunque non giungono ai 25 occorre inviare al più presto- sempre attraverso il portale – all’INPS la richiesta di versamenti volontari dei contributi. Se si presenta questa istanza all’INPS prima dell’approvazione dell’aumento della quota minima a 25 anni, la richiesta di versamenti volontari “cristallizza” il diritto ad ottenere la pensione di vecchiaia con i 20 anni di contributi. C’è un precedente a sostegno di questa procedura di salvaguardia dei diritti acquisiti: riguarda i lavoratori che nel 1995 hanno dovuto affrontare la riforma Dini che innalzava da 15 a 20 gli anni di contribuzione minima necessaria per la pensione di vecchiaia. Coloro che avevano presentato richiesta di versamento volontario dei contributi prima dell’approvazione di quella riforma sono riusciti a mantenere il minimo dei 15 anni.