La c.d. “Manovra Correttiva”, prevede uno specifico credito d’imposta connesso con le “campagne pubblicitarie”, ossia in relazione alle spese sostenute per l’acquisto di spazi pubblicitari / inserzioni commerciali effettuate tramite stampa periodica / quotidiana (nazionale o locale) anche “on line” ovvero emittenti televisive / radiofoniche locali (analogiche o digitali).
Le spese sostenute per l’acquisto di pubblicità, rilevanti ai fini della concessione del credito d’imposta, che concorrono a formare la base di calcolo dell’incremento e quindi del bonus fiscale, sono al netto delle spese accessorie, dei costi di intermediazione e di ogni altra spesa diversa dall’acquisto dello spazio pubblicitario, anche se ad esso funzionale o connesso.
Sono agevolabili i compensi corrisposti alle imprese editoriali, ma non quelli corrisposti alle concessionarie di pubblicità. Nel caso in cui le fatture non siano emesse dalle “imprese editoriali”,
ma da soggetti intermediari, nelle stesse dovrà essere espressamente specificato l’importo delle
spese nette sostenute per la pubblicità, separato dall’importo relativo al compenso dell’intermediario,
e dovrà essere indicata la testata giornalistica o l’emittente radio-televisiva sulla quale è stata effettuata la campagna pubblicitaria.
In merito agli investimenti pubblicitari effettuati tramite società concessionarie, specie con riguardo
all’ammissibilità delle spese per investimenti pubblicitari effettuati su giornali ovvero su emittenti
radiofoniche / televisive che non gestiscono autonomamente la raccolta pubblicitaria, il Dipartimento
per l’Informazione e l’Editoria così si esprime. “Considerato che molto spesso l’attività di ricerca e di acquisizione della pubblicità non è gestita dai media direttamente, ma tramite società specializzate (concessionarie) alle quali viene affidato sostanzialmente un incarico di mandato, l’operatore economico che intende acquistare spazi pubblicitari su un giornale, o su una emittente radiofonica o televisiva, che abbiano affidato la raccolta pubblicitaria ad una società esterna, deve necessariamente rivolgersi a quest’ultima, non potendo trattare direttamente con l’editore.”
Considerato inoltre che, in tale fattispecie, i costi della pubblicità sono fatturati al committente nel
loro ammontare complessivo:
sia perché la distinzione tra il “costo netto” degli spazi pubblicitari ed il costo del servizio svolto
dalla società terza non ha alcun rilievo nei confronti del committente, che è soggetto del tutto
estraneo al rapporto contrattuale tra editore e società concessionaria;
sia soprattutto perché, nella gran parte dei casi, il rapporto tra editore e società concessionaria è
strutturato in modo complesso, sotto il profilo dei costi e della ripartizione degli utili, attraverso
l’introduzione di parametri che tengono conto, tra l’altro, del volume complessivo della raccolta
pubblicitaria effettuata in un determinato periodo; cosicché spesso non risulta possibile
estrapolare, sul singolo contratto di acquisto di spazi, il costo del servizio svolto dalla società
concessionaria; costo che, in ogni caso, avrebbe un significato puramente astratto, in quanto
legato a parametri che prescindono dal singolo acquisto;
le somme complessivamente fatturate da società concessionarie della raccolta pubblicitaria sono
interamente ammissibili ai fini del calcolo del credito d’imposta, in quanto costituiscono, per
l’operatore economico committente, l’effettiva spesa sostenuta per l’acquisto degli spazi, prevista
dall’art. 3, comma 2, DPCM n. 90/2018.
Diversamente, devono ritenersi escluse dal calcolo del credito d’imposta le spese sostenute dagli
operatori economici che scelgano di avvalersi di servizi di consulenza o intermediazione o di altro
genere; in questi casi, si tratterebbe effettivamente di servizi “accessori”, il cui costo, normalmente
evidenziabile, non può legittimamente concorrere al calcolo del credito d’imposta.
Per maggiori informazioni ed assistenza: Ufficio Contabilità, 02/8375941