di Rocco Vitale
Presidente AiFOS, sociologo del lavoro, già docente universitario di diritto del lavoro.

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È stata approvata il 15 dicembre in via definitiva, dal Parlamento, la conversione in legge del Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146. Un decreto che, sostanzialmente, è composto da due parti: la prima recante le misure urgenti in materia economica e fiscale e la seconda a tutela del lavoro.
La discussione in sede parlamentare, visto che era stata posta la fiducia, è stata pressoché nulla ed assente. Se si toglie la discussione in Commissione del Senato che ha quasi esclusivamente esaminato gli aspetti fiscali, non c’è stato alcun intervento qualificante sulla salute e sicurezza sul lavoro.

Un silenzio che fa da contraltare allo sdegno ed alla protesta di tutte le forze politiche e sindacali di fronte all’aumento degli infortuni sul lavoro.
Spesso, come succede, è difficile dare risposte e soluzioni a temi che devono essere affrontati alla radice con un percorso lineare. Agire tramite decreti legge per l’introduzione di nuovi commi che si innestano sulla legislazione vigente significa che le cose così come sono non vanno bene. Del resto, la situazione degli infortuni sul lavoro e le condizioni stesse del lavoro esigono una urgente risposta da parte del legislatore.
Tuttavia, come dicevamo, nel silenzio del dibattito il Ministero del lavoro si è fatto carico di intervenire con una serie di proposte che – ovviamente – non risolvono il problema degli infortuni sul lavoro, ma almeno tracciano un percorso i cui risultati non saranno immediati… da qualche parte bisogna pur
iniziare.
Bisognerebbe seriamente rimettere in campo tutte quelle risorse ed energie, come avvenne oltre dieci anni fa, per una revisione del D. Lgs. 81/2008 facendo un tagliando per semplificare la normativa ed essere più chiari ed incisivi. Per ora accontentiamoci di questa mini-riforma del D. Lgs. 81/2008.
La prima considerazione, dal punto di vista degli operatori che si occupano di salute e sicurezza, consiste nella lettura attenta del decreto-legge e dalla sua conversione con il maxiemendamento proposto dal Governo. Una lettura che non può limitarsi alle novità di commi e frasi che modificano il D. Lgs. 81/2008, ma che deve considerare una analisi completa del nuovo articolato. (…)

Un’altra attenta lettura riguarda l’effettività di applicazione della nuova legge.
A livello generale si possono evidenziare due argomenti caratterizzanti il nuovo articolato.
Da un lato, nel Decreto-Legge 146 del 21 ottobre, vi è la questione della vigilanza e della prevenzione. Fondamentalmente si completa la riforma dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro estendendo a quest’ultimo le funzioni della vigilanza su tutta la materia di salute e sicurezza fino ad oggi riservata alla
competenza quasi esclusiva delle ASL. Viene, in questo contesto, abrogato il comma 2 dell’art. 13 del D. Lgs. 81/2008 che limitava le attività di vigilanza al Ministero del Lavoro, ovvero Ispettorato Nazionale del Lavoro, al solo ambito delle costruzioni.
Un cambiamento radicale che costringe, sul serio, ad un vero coordinamento degli organi di vigilanza oppure, prima o poi – come hanno già segnalato alcune ASL e sindacati di categoria – inizieranno i conflitti. Per il rafforzamento dell’Ispettorato si fa perno sull’effettiva entrata in funzione del SINP (Sistema Informativo Nazionale della Prevenzione) che era già previsto dall’art. 8 del D. Lgs. 81/2008 ma non è mai stato attuato. Moltissime modifiche riguardano questo art. 8 in quanto essere in possesso dei dati consente di poter svolgere le azioni di pianificazione e di prevenzione nel campo della
sicurezza sul lavoro.
Ci auguriamo che in questa direzione l’INL riesca laddove si è fallito.
È indubbio, però, che l’INL sia destinato a divenire il soggetto nazionale di riferimento sull’attività di prevenzione e contrasto al lavoro irregolare. Infatti all’art. 13 sulla vigilanza è stato introdotto il comma 7.bis in base al quale “l’Ispettorato nazionale del lavoro è tenuto a presentare, entro il 30 giugno di ogni
anno al Ministro del lavoro e delle politiche sociali per la trasmissione al Parlamento, una relazione analitica sull’attività svolta in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e che dia conto dei risultati conseguiti nei diversi settori produttivi e delle prospettive di sviluppo, programmazione ed
efficacia dell’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro”. Un progetto ambizioso ed importante per dare il via al piano nazionale della prevenzione che l’Europa ci chiede e che mai è stato formalizzato. Un modo elegante per dire come questo tema a livello nazionale non sia mai stato affrontato nel modo adeguato
dalle ASL (e dalle Regioni) in quanto la parcellizzazione non solo tra le 20 Regioni ma anche tra le oltre 100 ASL non ha mia promosso quel coordinamento nazionale tanto utile.

Ma la vera, importante, novità che entra immediatamente in vigore riguarda il contrasto al lavoro irregolare e la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori. Viene completamente riscritto l’art. 14 del D. Lgs. 81/2008 – prima con il Decreto Legge 146 cui deve aggiungersi il maxiemendamento del governo ed
approvato dal Parlamento – che amplia i poteri dell’Ispettorato del Lavoro circa la sospensione dell’attività lavorativa. Anche alle ASL vengono confermati i poteri sospensivi, ma tutto l’articolato è impostato avendo come referente l’INL.
In estrema sintesi questi sono i provvedimenti emanati che entreranno in vigore e che erano stati previsti dal decreto legge 146.
La sorpresa più interessante, però, è arrivata dal maxiemendamento del Governo che ha riguardato la formazione ed alcune figure sensibili del D. Lgs. 81/2008. Due sono le figure oggetto dell’attenzione del legislatore: il datore di lavoro ed i preposti.
Per il datore di lavoro, con le modifiche del comma 2 dell’art. 37, viene introdotto l’obbligo della formazione. Si tratta di un provvedimento a suo modo rivoluzionario, che modifica alla base i pilastri della formazione sanciti già dal D. Lgs. 626/1994 che vedeva esonerati dalla formazione i datori di lavoro. Non si è mai compresa questa scelta che, in fin dei conti, non è mai stata utile a nessun né tantomeno ha garantito i datori di lavoro.

L’altro aspetto fondamentale riguarda i preposti.

Le più semplici analisi e valutazioni sugli infortuni hanno, da tempo, evidenziato come il costante aumento di attività in regime di appalto e subappalto sia
alla base di una nuova ondata di morti ed infortuni sul lavoro. L’anello più debole della catena è rappresentato dal preposto delle aziende appaltatrici per cui la nuova norma prevede un comma aggiuntivo all’art.18 sugli obblighi del datore di lavoro. La nuova disposizione prevede che il datore di
lavoro deve “individuare il preposto o i preposti per l’effettuazione delle attività di vigilanza di cui all’articolo 19.” E siccome si tratta di svolgere compiti aggiuntivi alla propria mansione e che riguarda la vigilanza la norma prevede che “I contratti e gli accordi collettivi di lavoro possono stabilire
l’emolumento spettante al preposto per lo svolgimento delle attività di cui al precedente periodo. Il preposto non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività”.
Vengono infatti meglio precisati, modificando completamente la lettera a), comma 1, dell’art. 19 in base al quale il preposto deve “sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di
uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di rilevazione di non conformità comportamentali in ordine alle disposizioni e istruzioni impartite dal datore di lavoro e dirigenti ai fini della protezione collettiva e individuale, intervenire per
modificare il comportamento non conforme fornendo le necessarie indicazioni di sicurezza. In caso di mancata attuazione delle disposizioni impartite o di persistenza della inosservanza, interrompere l’attività del lavoratore e informare i superiori diretti”.
Questa norma assume una enorme importanza in quanto, nell’articolato previsto dal D. Lgs. 81/2008 relativo agli obblighi connessi ai contratti di appalto o d’opera o di somministrazione, la nuova legge prevede che “nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto o subappalto, i datori di
lavoro appaltatori e subappaltatori devono indicare espressamente al datore di lavoro committente il personale che svolge la funzione di preposto”.
In tema di datore di lavoro un aspetto innovativo della nuova legge fa chiarezza sul ruolo ed i compiti del Dirigente scolastico nella sua veste di datore di lavoro separandoli da quelli dell’amministrazione proprietaria dell’immobile ed allo stesso tempo prevede (cosa che personalmente sostengo da un
decennio non ravvisando nel testo dell’attuale D. Lgs. 81/2008 nessuna controindicazione) che la valutazione dei rischi e la redazione del Documento sia congiunta tra il Dirigente scolastico e l’amministrazione proprietaria dell’immobile.
Ma in materia di formazione vi sono altre importanti novità. Innanzitutto, però, si deve chiarire che le norme previste che riguardano l’individuazione della durata e dei contenuti minimi della formazione – non solo del datore di lavoro, ma di tutti i soggetti della sicurezza – sono demandate alla data del 30
giugno 2022. Ovvero entro tale data la legge prevede che si debba adottare un nuovo Accordo StatoRegioni che sostituisca i sei attualmente in vigore provvedendone all’accorpamento e la loro rivisitazione.
Si tratta di una importante definizione sempreché la Conferenza Stato-Regioni provveda per tempo ad ottemperare a questa scadenza. L’esperienza ci ha dimostrato che i termini dei decreti attuativi raramente sono rispettati: speriamo che questa volta non sia così.
Collegata al nuovo Accordo Stato-Regioni vi è “l’individuazione delle modalità della verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatori in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di quelle delle verifiche di efficacia della formazione durante lo
svolgimento della prestazione lavorativa”. Un passo avanti rispetto all’attuale verifica spesso consistente in un semplice questionario redatto alla fine del corso introducendo il concetto della verifica negli anni successivi allo svolgimento del corso direttamente in azienda.

Viene poi sottolineato, modificando l’attuale comma 7 del D. Lgs. 891/2008, come “Il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti ricevono un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, secondo quanto previsto dall’Accordo di cui all’articolo 37, comma 2, secondo periodo.” Come già quindi anticipato nel comma 2, il datore di lavoro entra a pieno titolo tra i soggetti destinatari dell’obbligo di sicurezza, a prescindere che ricopra direttamente il ruolo di RSPP.
In questo contesto, trova precisazione anche la formazione obbligatoria per il preposto, dove il nuovo comma 7.ter introdotto con il maxiemendamento al D.lgs. 81/08 prevede che “per assicurare l’adeguatezza e la specificità della formazione nonché l’aggiornamento periodico dei preposti ai sensi del comma 7, le relative attività formative devono essere svolte interamente con modalità in presenza e devono essere ripetute, con cadenza almeno biennale e comunque ogni qualvolta ciò sia reso necessario in ragione dell’evoluzione dei rischi o all’insorgenza di nuovi rischi”.
Qualche perplessità sorge al proposito. Sembra acclarato come il combinato disposto dei diversi commi ed articoli rimandi al nuovo Accordo Stato-Regioni la definizione delle modalità applicative della formazione e ben comprendendo il valore della formazione in presenza (si rammenta come l’attuale
stato di emergenza ed il relativo documento all’attenzione della Commissione consultiva permanente definisce la “videoconferenza” equivalente alla formazione in presenza), sembra però che la formazione base e l’aggiornamento formativo – oltre che nella mutata cadenza che (giustamente) passa da
quinquennale a biennale – si debba svolgere in presenza escludendo la formazione in modalità eLearning.
Si ricorda come il tema dell’e-learning sia sempre stato divisivo fin dal primo Accordo Stato-Regioni del 26 gennaio 2006 in parte modificato il 5 ottobre 2006 laddove il governo affermava come “per i corsi per RSPP è da escludersi nella fase attuale il ricorso alla FAD in quanto si tratta di una metodologia di complessa progettazione e gestione e verifica/certificazione al momento non compatibile con l’attuale fase di sperimentazione…”.
Sono passati oltre 15 anni e diversi fattori, da ultimo la pandemia da Covid 19, ci hanno fatto moltiplicare studi, ricerche e applicazioni sulla formazione a distanza che non possono essere ignorati da norme vecchie e burocratiche. Scriveva Alberto Andreani – di cui ricordiamo la recente scomparsa –
come la formazione sia una opportunità per la crescita aziendale e non un mero rispetto di un obbligo giuridico. Il problema non si è risolto con la norma che prevede i casi in cui la formazione in modalità eLearning è consentita, ma si deve tendere alla corretta applicazione della norma, pur esistente e chiara.
Sono aumentati a dismisura i soggetti formatori e i corsi formativi che non hanno quasi nulla a che fare con l’e-Learning: nel migliore dei casi sono videocorsi con test finali. Bisognerebbe quindi aumentare, anzi, fare i controlli, che di fatto non ci sono mai stati, ma non torniamo alle battaglie ideologiche che
pensavamo di aver superato.
Dato che la formazione resta uno dei pilastri della prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, gli enti preposti alla vigilanza devono riservare al tema la stessa importanza che danno ad altri, per controllare e verificare gli enti e le modalità di svolgimento della formazione in e-Learning e procedere, come per le aziende, ad ammende, sanzioni fino alla sospensione delle attività.
Il 30 giugno si avvicina più velocemente di quanto si pensi e non possiamo lasciar perdere questa occasione di rinnovamento delle modalità formative nell’ambito della sicurezza sul lavoro.