Le imprese lombarde segnalano che aumenta il loro bisogno di ricorrere al credito e lamentano maggiori problemi a ottenerlo. La risposta degli imprenditori alla crisi è principalmente ricorrere al credito bancario, all’autofinanziamento e agli incentivi pubblici e le aziende cercano di recuperare liquidità. Intendono però utilizzarla anche per realizzare nuovi investimenti, segno che dopo lo shock iniziale si ricomincia a pianificare il futuro e la piena ripresa delle attività.

Questa la fotografia dell’indagine pubblicata da Unionecamere Lombardia su credito e finanza aziendale nel II trimestre 2020, che offre segni di cauto ottimismo.

Nel secondo trimestre del 2020 gli imprenditori lombardi indicano un impatto ancora severo dell’emergenza sanitaria, anche se il quadro è in miglioramento rispetto ai primi tre mesi dell’anno. La percentuale di imprese che pensa di non riuscire a recuperare le perdite diminuisce di 8-10 punti, a seconda dei settori, rimanendo particolarmente elevata nell’artigianato (33%) e attestandosi invece su livelli inferiori per servizi (24%), commercio al dettaglio (21%) e industria (18%). Parallelamente aumenta la quota di quanti prevedono di recuperare le perdite entro un anno e quella relativa a chi dichiara di non avere avuto conseguenze negative.

Lo shock portato dal Covid-19 ha avuto un effetto dirompente sulla situazione finanziaria delle imprese: il livello di indebitamento è cresciuto rapidamente, interrompendo il processo di deleveraging degli ultimi anni che aveva portato le imprese a rafforzare la propria struttura patrimoniale. Nonostante l’attenuazione delle criticità rispetto ai primi mesi dell’epidemia, la percentuale di imprese con un rapporto tra mezzi terzi e mezzi propri inferiore a 1 scende significativamente rispetto al 2019, quando risultava superiore al 60%, e si attesta intorno al 55%.

Le principali fonti di finanziamento utilizzate dalle imprese nell’ultimo anno si confermano l’autofinanziamento e il credito bancario, ma aumenta notevolmente l’utilizzo di aiuti e contributi pubblici, richiesti da circa il 9% delle imprese lombarde con una punta del 12% per l’artigianato. I contributi pubblici hanno quindi svolto un ruolo importante per la tenuta del sistema imprenditoriale lombardo, che prevede di fare affidamento sul sostegno pubblico ancora più frequentemente nei prossimi sei mesi. Anche il maggior ricorso al credito commerciale ha rappresentato un’ancora di salvezza per molte imprese, soprattutto nel terziario (17% nel commercio e 11% nei servizi).

La principale spinta per il ricorso al credito viene da necessità di liquidità di cassa, motivazione che nel 2019 raccoglieva circa il 40-45% delle risposte e che ora rappresenta oltre il 60% dei casi. Tra le motivazioni rimangono però al secondo posto gli investimenti produttivi (49% per l’industria, 30% per l’artigianato, 28% per i servizi e 20% per il commercio al dettaglio) e in questo caso gioca un ruolo determinante la classe dimensionale: la quota che richiede prestiti finalizzati agli investimenti raggiunge il 62% per le imprese dell’industria con più di 200 addetti, mentre supera il 40% per le grandi imprese dei servizi e del commercio e per le imprese dell’artigianato manifatturiero con più di 10 addetti.

Con mesi interi di chiusura alle spalle, la liquidità disponibile risulta ormai insufficiente a sostenere le spese correnti per una quota delle imprese lombarde che va dal 33% dell’industria al 42-44% di servizi e commercio al dettaglio, fino al 50% dell’artigianato. L’impatto negativo del Covid-19 sulla situazione finanziaria è arrivato principalmente dai ritardi di pagamento dei clienti, soprattutto nei servizi (63%) e nell’industria (62%), mentre nell’artigianato questo problema ha riguardato un’impresa su due (50%). Nel commercio al dettaglio hanno invece pesato in misura maggiore i costi di adeguamento ai protocolli di sicurezza (38%), criticità che con percentuali lievemente inferiori ha coinvolto anche gli altri settori, e le spese di magazzino (28%).

L’acuirsi delle difficoltà finanziarie si riflette anche in una minore soddisfazione verso l’erogazione di credito bancario: rispetto allo scorso anno si riduce la quota di imprese che non ha riscontrato criticità nelle condizioni di accesso, attestandosi al 42% nell’industria, al 35% nei servizi e nel commercio al dettaglio e al 31% nell’artigianato. L’aspetto più critico è quello legato alla tempestività, elemento cruciale in una fase di carenza di liquidità: la percentuale di imprese che ritengono adeguati i tempi necessari per accedere al credito oscilla intorno al 60%, con un peggioramento di oltre 15 punti percentuali rispetto al dato del 2019.

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