Reti di imprese per l’export. 4) Ci guadagnano solo i consulenti?



Le reti di imprese per l’export sono un argomento di moda. 

Se ne parla molto, e gli  imprenditori vengono continuamente bombardati da proposte e suggerimenti su come mettersi in rete con altri imprenditori per vendere all’estero. Le reti di imprese vengono proposte come la soluzione definitiva alla crisi, il modo per superare le difficoltà di mercato, per ottenere nuovo credito e per sistemare i bilanci in deficit. Se ne parla continuamente in ambienti associativi, nelle riunioni con i professionisti di fiducia e negli incontri tra imprenditori. Tutti le citano ma nessuno ha  le idee chiare: le reti di imprese sembrano un elemento indefinito, un sentito dire che alimenta le speranze di chi ha bisogno innanzitutto di idee, di prospettive per trovare slancio.

Uno dei veicoli principali di questa comunicazione sono i consulenti che dalle reti di imprese possono trarre lavoro e guadagni: le società di consulenza aziendale, gli avvocati, i commercialisti, i consulenti free lance, i temporary manager. L’accusa che spesso viene rivolta loro è che enfatizzino le potenzialità delle reti di imprese per convincere gli imprenditori ad investire, traendone alla fine giovamento ben maggiore di quello degli imprenditori stessi.
E’ vero tutto questo? Come sempre, dipende da chi si incontra, da cosa gli si chiede e da come si imposta il progetto.
Posto che la consulenza esterna è indispensabile per avviare un progetto di rete di imprese, bisogna vedere in che modo ci si relazione con questo mondo: esistono infatti due approcci completamente diversi della consulenza applicata alle reti di imprese. Il primo e’ di tipo strettamente consulenziale, il secondo di tipo anche imprenditoriale. Entrambi sono buoni se li si utilizza in modo corretto, e se si ha ben chiaro  che cosa ci si deve aspettare. Altrimenti possono fare solo danni.
Il primo approccio della consulenza alle reti di imprese è quello strettamente consulenziale,  prevede la fornitura da parte di terzi di una serie di servizi collegati alla progettazione, realizzazione e gestione di una rete. L’obiettivo perseguito è l’offerta di servizi a degli imprenditori che sono totalmente artefici e responsabili dei destini della rete di imprese; hanno pensato, progettato, realizzato e gestito la rete, hanno una percezione chiara di quello che stanno facendo, hanno bisogno solo di soggetti esterni che curino i servizi di cui hanno bisogno. Nella fase della progettazione, hanno bisogno di una consulenza per capire quali tipi di soggetti coinvolgere nel progetto e quali evitare, come coinvolgerli nel progetto, come creare le basi per una relazione proficua e duratura. Nella fase di costituzione hanno bisogno di buoni contratti, di buone regole di governance della rete. Nella fase di gestione hanno bisogno di buona organizzazione della complessità insita nella stretta collaborazione tra gruppi di lavoro differenti, che per definizione sono distanti e non legati da vincoli gerarchici reciproci. Il resto non serve, perché sono gli imprenditori stessi a metterlo: l’obiettivo che si pone la rete, le sinergie e le opportunità che si vogliono sfruttare, il modo di organizzare e condurre degli affari, il modo di  reinvestire gli utili.
In questo primo approccio il rischio corso dagli imprenditori nella scelta dei consulenti è minore, in quanto si chiede loro solo una fornitura di servizi all’interno di un quadro di riferimento che e’ stato pensato e realizzato dagli imprenditori stessi, che a loro e’ ben chiaro e ben conosciuto. Il danno maggiore puo’ derivare dalla fornitura di servizi non all’altezza delle aspettative: un suggerimento sbagliato, un contratto ambiguo, un software troppo costoso, o troppo macchinoso.
Il secondo approccio della consulenza alle reti di imprese è quello imprenditoriale, prevede il coinvolgimento di terzi nella definizione della ‘business idea’ perseguita dalla rete di imprese, e il coinvolgimento anche nella sua realizzazione. Si chiede ai consulenti di entrare nello specifico, cioè nel mercato degli imprenditori, nei loro prodotti, i loro modi di vendere, i loro concorrenti, i loro punti di forza e di debolezza, per strutturare e far funzionare una rete di imprese che persegua delle sinergie vere, che sfrutti i punti di forza dei partecipanti  e controbilanci le loro debolezze. L’obiettivo perseguito è la fornitura di una soluzione ‘chiavi in mano’ agli imprenditori, che comprende sia l’idea che la sua realizzazione; questo perché gli imprenditori hanno solo una percezione dell’utilità di mettersi in rete, ma non hanno un’idea definita su come realizzare il progetto.
In questo secondo approccio il rischio corso dagli imprenditori nella scelta dei consulenti è maggiore, perché li si coinvolge nella conduzione del ‘business’ proprio degli imprenditori. Se si segue questa strada, occorre essere certi che i consulenti abbiano le capacita’ e la volonta’ di comprendere e condurre il business specifico della rete di imprese. Se questo non accade, i danni possono essere rilevanti, fino a compromettere anche l’intero progetto.
Quali campanelli di allarme possono squillare se i consulenti sono coinvolti negli aspetti imprenditoriali del progetto? 

Il principale elemento da tenere sotto controllo è l’interesse che dimostrano i consulenti ai contenuti del ‘business’ perseguito dalla rete di imprese: posto che non possono conoscere nel dettaglio i prodotti, i concorrenti, gli scenari competitivi, le regole del mercato specifico, i consulenti fanno domande, tentano di capire il mercato, legano insieme le sinergie, sbrogliano le questioni operative, oppure si dichiarano estranei a queste problematiche?
Il secondo elemento da tenere sotto controllo sono i conflitti di interesse o gli interessi diretti che i consulenti hanno nell’avvio del progetto. Paradossalmente, quanti più servizi  e prodotti vengono fatturati dai consulenti per far partire la rete di imprese ma non per farla funzionare, tanto meno questi saranno interessati al suo successo. Se sono promotori del progetto, elementi di aggregazione degli imprenditori,  estensori del contratto, asseveratori (certificatori) del programma di rete, capofila nella richiesta di finanziamenti, gestori dei benefici fiscali, fornitori dei software di gestione, avranno gia’ raggiunto il proprio obiettivo economico quando gli imprenditori non avranno ancora raggiunto il proprio.
Il terzo elemento da tenere sotto controllo è il mancato interesse dei consulenti al coinvolgimento nell’esecuzione del progetto, riservandosi il ruolo di incubatori del progetto di rete, ma non di realizzatori dello stesso: à il segnale peggiore, un incitamento all’ ‘armiamoci e partite’ che non dovrebbe lasciare dubbi a qualsiasi imprenditore.

copyright di Enrico Sestini – Ebus srl

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