Politiche dei prezzi e “best practice” – nuovi driver di attrazione dei clienti

Negli ultimi anni, le competizioni di prezzo al ribasso hanno innestato nel consumatore l’abitudine a forsennate “corse all’offerta”, in una logica di ricerca spasmodica dello sconto e di totale disorientamento rispetto alle dinamiche dei prezzi. Per il fatto di essere proposti abitualmente in forma scontata, alcuni prodotti non hanno più una soglia di prezzo di riferimento. E’ il caso dell’olio extra vergine di oliva, comprato con lo sconto nel 70% dei casi. Politiche di prezzo aggressive come queste sono state controproducenti per le catene di supermercati, condannandole ad operare spesso in regime di sottocosto, con un’insufficiente compensazione in termini di aumento della quota di mercato e fidelizzazione del cliente.

Gli impatti più rilevanti sul business sono principalmente due: 
• Negli ultimi anni la redditività dei settori fornitori delle catene di supermercati si è attestata intorno al 4-5%, mentre quella dei supermercati è scesa dall’1-2% a quasi zero, con una quasi totale erosione dei margini residui. 
• Le politiche aggressive di sconto non hanno incrementato la fedeltà negli acquisti, perché il consumatore si sposta in modo nevrotico da un insegna all’altra alla ricerca dello sconto più vantaggioso. Ciò implica, a sua volta, che le promozioni spinte non garantiscono più il soddisfacente incremento di volumi di alcuni anni fa, costringendo ad operare riduzioni dei prezzi crescenti, in un processo a spirale destinato a condurre al collasso. 
C’è però qualcuno, come U2 e Coop, che ha deciso di invertire la tendenza. La scelta di definire un prezzo più alto in sede contrattuale con il fornitore, per tenere in considerazione i forti sconti che verranno applicati durante l’anno, non è più considerata una scelta vincente.

Affannarsi a lanciare continuamente iniziative promozionali per ottenere il “premio di vendita” a fine anno lo è ancora meno.

Il metodo di pricing ideato è invece improntato a semplicità e immediatezza, il cosiddetto “prezzo netto pulito”. Fissare un prezzo più basso in sede contrattuale (fissare il prezzo del pacco di pasta acquistato dal fornitore/grossista ad 1€/kg anziché 1,20€/kg) in modo da proporre, a parità di margine, un prezzo mediamente più basso al cliente. Ciò implica la totale assenza di offerte durante l’anno, ma anche il risparmio (considerevole) di tutte le spese di pubblicizzazione delle offerte e vantaggi in termini di gestione più efficiente del magazzino; ridotta tensione della gestione finanziaria. Senza tutti questi elementi che incidono sui costi di gestione, il prezzo retail (al dettaglio) risulta decisamente più attraente per il cliente, favorendone la corretta percezione del “valore” del prodotto acquistato ed una maggiore inclinazione alla fedeltà.

Una strategia di pricing così definita potrebbe rivelarsi utile e vincente anche per altre realtà e soggetti economici che costellano la galassia dell’economia italiana, eterogenea e diversificata per definizione. Un plausibile destinatario potrebbe essere proprio il mondo dell’Artigianato. Perché? La risposta è più immediata di quanto si possa pensare. Come spiegato in precedenza, la strategia del “prezzo pulito” produce un risparmio generale di costi di gestione per l’impresa, ma, soprattutto, consente al consumatore di “dare un rating” più affidabile al prodotto, di percepirne il valore in modo più trasparente e, quindi, di valutarlo in maniera più corretta ed adeguata. È proprio questo secondo insieme di vantaggi che dovrebbe interessare maggiormente gli artigiani italiani, per via della natura del loro business. Infatti, se è vero che un prodotto “artigiano” è caratterizzato da elevata differenziazione, qualità della materia prima e della lavorazione, design, affidabilità, allora è altrettanto vero che il presupposto strettamente necessario ad una vendita di successo è la capacità mettere il cliente nelle condizioni di riconoscere il valore estrinseco ed intrinseco dell’output finale (prodotto finito), effettuando così un primo passo del processo di “affezionamento” sia al prodotto che al brand ad esso collegato.

Riduzione del prezzo, trasparenza nei confronti del cliente, ampliamento dei margini, fidelizzazione. Un illustre filosofo del ‘600, Gottfried Leibniz, l’avrebbe definito “il migliore dei mondi possibili”. 

Unione Artigiani della Provincia di Milano
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